QUATTRO CRITICITÀ DELLA CONCEZIONE SEMPLIFICATA DELLA DEMOCRAZIA A DIMENSIONE UNICAMENTE FORMALE (SECONDA PARTE)
TERZA CRITICITA’
Quanto alla terza criticità (mancata considerazione del nesso indissolubile tra sovranità popolare, democrazia politica e diritti fondamentali sostanziali, i quali ultimi operano come limiti e vincoli alla volontà assoluta delle maggioranze o di chi per loro), occorre considerare che la volontà popolare s’esprime autenticamente solo se si esprime liberamente; e può esprimersi liberamente soltanto attraverso l’esercizio, oltre che del diritto di voto, delle libertà fondamentali da parte di tutti e di ciascuno: dalla libertà di pensiero, di stampa, d’informazione, di riunione e d’associazione. Non può esservi sovranità popolare senza diritti di libertà individuale. Poiché la democrazia politica e la sovranità popolare non solo sono minacciate dall’onnipotenza della maggioranza e del mercato, ma l’una e l’altra si realizzano e s’alimentano attraverso l’esercizio costante dei diritti di libertà. Ma questi diritti, in tanto sono effettivi in quanto siano materialmente sorretti dalla garanzia dei diritti sociali (a prestazioni positive, a differenza del contenuto meramente “negativo” dei diritti di libertà): dal diritto alla sussistenza (corollario del diritto alla vita e implicito nel diritto alla retribuzione), al diritto alla salute, al diritto al lavoro, al diritto alla retribuzione “in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, al diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, al diritto alla previdenza sociale, all’assistenza sociale e, ancor più ovviamente, al diritto all’istruzione, che consiste nell’accessibilità e gratuità per tutti alla scuola (articolo 34 comma 1 Costituzione) e al connesso, ma distinto, diritto all’educazione, il cui contenuto, esplicitato dall’articolo 34 comma 3 della Carta con espresso riferimento ai capaci e ai meritevoli(anche se privi di mezzi) si sostanzia nel diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. In particolare, il diritto all’educazione risulta dotato di maggior pregnanza rispetto al mero diritto all’istruzione in quanto, letto alla luce dell’articolo 3 comma 2, è il diritto di ciascuno alla propria emancipazione individuale, culturale, sociale e conoscitiva, vero argine ad ogni tipologia d’abuso di potere. Perciò, preliminare ad ogni discorso concernente i diritti fondamentali di libertà (che non includono quei diritti di libertà espressamente qualificati come inviolabili dalla Costituzione) è il discorso circa i diritti sociali fondamentali. Si tratta di diritti fondamentali (ossia attribuiti universalmente ed in egual misura a tutti nel senso di ciascuna persona) a struttura bilaterale ( dove creditore è ciascuna persona e debitore sono esclusivamente i pubblici poteri) ed il cui contenuto consiste in prestazioni positive (di dare, di fare, et coetera): ossia di diritti che ciascun cittadino vanta immediatamente ed esclusivamente nei confronti dei pubblici poteri- i quali non possono delegarli, integralmente ed arbitrariamente, a privati, neanche attraverso strumenti ibridi quali voucher o digitalizzazione- all’erogazione di determinate prestazioni (su tutti diritto alla sanità pubblica, all’istruzione pubblica ex articolo 33 Costituzione, all’educazione, al trasporto pubblico, all’assistenza e alla previdenza obbligatorie ex articolo 38 Costituzione). Come tali essi costituiscono garanzie costituzionali positive; anzi, soltanto la loro realizzazione ed erogazione rende effettivi i diritti fondamentali di libertà e gli stessi diritti che taluni definiscono “civili”. Pertanto, se non si garantiscono primariamente questi diritti fondamentali, rischiano di collassare inevitabilmente anche i secondi.
Senza la realizzazione di questi diritti ossia dell’adempimento, in capo ai pubblici poteri, degli obblighi di prestazione ad essi corrispondenti, non soltanto i diritti d’autonomia politica ma persino gli stessi diritti di libertà sono destinati a rimanere concretamente vuoti e sulla carta: non c’è e non ci può essere partecipazione alla vita pubblica senza la garanzia dei minimi vitali attraverso il lavoro o, comunque, dei minimi vitali che garantiscano la sussistenza. Soprattutto non può esservi la formazione d’un pensiero e d’una volontà veramente liberi e consapevoli senza un’adeguata informazione ed un ancor migliore e personalizzato percorso di studio. Infatti, i diritti sociali fondamentali derivano il loro contenuto direttamente dal principio d’eguaglianza nella sua duplice accezione, formale e sostanziale, il quale impone, da un lato, di valorizzare e tutelare le differenze di ciascun individuo, e, dall’altro, d’assicurare a tutti, indipendentemente dai mezzi, una prestazione di natura e qualità soddisfacente ai bisogni, anche socio-economici. Dunque, la prestazione che forma oggetto di tali diritti, lungi dal ridursi ad una prestazione “minima legale”, esige la presa in considerazione da parte della sfera pubblica (si badi pubblico e non già politico) delle specificità di ciascun destinatario della prestazione stessa.
Oὔτις γέγραφε